Un tranquillo pomeriggio di Agosto, nella Redazione di Labouratorio. Di fronte alla lavagnetta scarobocchiata dove discutere i temi del prossimo numero, giacciono ormai da giorni tre faldoni con la pila di lettere di ammiratrici del Maggiani che ancora non hanno ricevuto risposta.
Straboccano, finendo per adagiarsi sui tre manuali di economia politica macchiati di caffè su cui mezza redazione ha fatto finta di studiare, dopo averli presi in prestito, e mai restituiti, alla biblioteca universitaria. Sul tavolo grande, accanto al commodor 64 su cui scriviamo i pezzi dopo lo spegnimento del server al cesio 136 in seguito al referendum nucleare, tredici solleciti di pagamento della luce che stanno per tagliarci, 4 bicchieri sporchi e una copia della Repubblica usata per assorbire le macchie di umidità che gocciano dal soffitto.
E’ tempo di riunioni nell’anticamera adibita a dormitoio, dove alloggiano i 5 labouranti scappati di casa per fuggire ai genitori dipietristi. Si alza una voce immensa, dall’angolo più buio, vicino al poster di Mazzini. E’ Bardini che parla, con voce cavernosa.
<<Cosi avanti non si può andare, le ripetizioni di geografia ai ragazzini delle medie non bastano più, non abbiamo nemmeno i soldi per pagare un webmaster decente, da quando la Digos ha rapito Crucio>>. E subito inizia a snocciolare gli ultimissimi prodotti sui mercati finanziari con cui, a suo dire, Labouratorio potrebbe far quadrare i disastrati conti. Nella sala, si alza un brusio improvviso. Chi propone di continuare con lo spaccio di stupefacienti, chi difende l’esproprio proletario. Ad un tratto, una voce femminile riporta il silenzio.
<<Il problema non sono solo i soldi, questa redazione è un casino, nessuno fa nulla per settimane e poi a turno e a caso, la gente si attiva, serve coordinamento!>>
E’ Antonella Soldo ad aver parlato, con un certo piglio. Un coro soffuso di approvazione pervade la redazione. Emergono dettagli scabrosi sulle attività intraprese dal Pugliese nei momenti di massimo svacco.
Dal lato della porta, accanto al busto di Turati, interviene Isidoro Niola, anche lui avvocato:
<<Servono delle regole chiare, carta canta, qua siamo tutti illegali! Prima o poi scopriranno che nessuno paga l’affitto>>.
E’ ormai panico in sala. La consapevolezza della precarietà attraversa le menti e i cuori. Tutti sapevano già che Labouratorio vive di una vita effimera, di ritagli di tempo nelle pieghe di esistenze movimentate e distanti, viaggia sulla cresta dell’onda dell’entusiasmo, di buona volontà ed immaginazione. Ma le bollette da pagare sono là che parlano, il caos regna sovrano, l’illegalità la fa da padrone. Basta un nonnullla, l’ennesimo bisticcio tra direttore e vicedirettore e può andare tutto in fumo.
Ma è proprio quando la disperazione ha conquistato i presenti, che dal lungomare di Barletta arriva una proposta dirompente. E’ Alessandro Porcelluzzi a parlare:
<<Ragazzi, qua o si fa qualcosa o si muore, diamo vita a una Comune! 10 euro a testa, una testa un voto, si mangia e si lavora tutti insieme>>
Mentre la parole si spargono nell’aria fattasi pesante della stanza piena di volute di fumo del sigaro di Manfr, viene il tempo della riflessione, nel caldo pomeriggio di Agosto.
Prende la parola, non del tutto convinto, il Plex in persona.
<<L’idea è suggestiva ma impegnativa. Cambiare tutto, per restare come siamo, anarcoidi situazionisti in cerca d’autore. E però fare le cose sul serio. Registrare la testata, creare un’associazione, definire meglio compiti e impegni, si dividono le spese, si accettano donazioni e sponsorship. Con una Rosa nel Pugno e nel cuore, certo. Senza riferimenti politici chiari nell’immediato, per forza di cose. D’altronde, c’è sempre bisogno di una rivista socialista radicale e radicalsocialista no? Che dite? Chi ci sta?>>
Già, chi ci sta?